Cosa sta provando quel cavallo? Qual è il suo umore, cos’è che lo spinge a fare quello che fa, cosa sta esprimendo?
Troppe poche sono le volte in cui ce lo domandiamo. Troppo poco ci chiediamo chi sia quel soggetto che abbiamo al nostro fianco, cosa provi, come si rappresenti il mondo, che paure e desideri abbia. Spesso siamo schiavi delle nostre aspettative: vediamo solo traguardi da raggiungere, convinti che quelli ci diano la misura della riuscita della nostra relazione. Un cavallo con cui raggiungiamo (i nostri) obiettivi sarà un cavallo felice. Ne siamo davvero sicuri?
Quando guardiamo il nostro compagno dovremmo ricordarci di farlo davvero, ogni volta come se fosse la prima: abbandonando preconcetti, aspettative e sovrainterpretazioni. L’altro è un mondo intero diverso da noi, che è continuamente da riscoprire, senza per questo tradire il legame che abbiamo con lui, consapevoli che lo conosciamo ma non lo comprenderemo mai del tutto. È un esercizio utile che ci insegna a vivere appieno il momento, così come fanno i cavalli: nel qui ed ora. Motivazioni, emozioni ed arousal, ovvero il grado di attivazione, sono le coordinate che caratterizzano lo stato del cavallo nel momento presente (si chiama profilo posizionale), il solo vero punto di partenza della nostra indagine sulla mente di quel soggetto, per la nostra relazione con lui, le attività che andremo a svolgere, le competenze su cui vorremo lavorare insieme.
Le motivazioni sono l’incipit del comportamento, indicano le vocazioni, l’orientamento del soggetto al mondo, le sue disposizioni. Sono fondamentali perché solo gratificandole l’individuo può vivere una vita piena, senza cadere in frustrazione, che è quel sentimento spiacevole che si prova quando non si può fare o esprimere ciò che si vuole. Cavalli in box che sviluppano stereotipie (ballo dell’orso, ticchio d’appoggio ecc.) non sono che il risultato di una vita castrata, che vede un animale per natura sociale e nomade (dunque con motivazioni collaborative, esplorative, cinestetiche…) chiuso ed isolato, costretto ad una gabbia priva di stimoli ed interazioni. Chi sceglie di condividere la vita con un certo animale deve anzitutto conoscere le motivazioni di specie e di razza, perché potrà garantirgli benessere non solo soddisfacendo i suoi bisogni primari, ma conoscendo cosa ama fare, i suoi desideri, così da lasciargli esprimere la propria identità. Non solo: potrà scegliere l’animale più affine a sé, il compagno con cui fare attività che piacciano ad entrambi, senza forzatura ma con coinvolgimento autentico.
Gli equidi, in quanto mammiferi con numero esiguo di prole (come noi del resto), hanno grande capacità adattiva: questo spesso li porta a trovare il modo di sottostare anche alle situazioni più difficili. Le motivazioni tuttavia restano, resistono e spingono ogni specie a trovare nella realtà qualcosa di simile al contesto in cui questa si è evoluta, sono il richiamo della parte più autentica che sente l’urgenza di emergere. Per questo si può parlare di benessere solo quando c’è corrispondenza tra ciò che si è e ciò che l’ambiente propone, quando cioè proprio queste motivazioni possono essere gratificate. Averne tante, coltivarle, fa si che ci siano più possibilità di vivere una vita appagante e piena.
Attenzione: anche la frustrazione talvolta è adattiva, così come altri stati negativi, come ad esempio una forte emotività in alcuni contesti in cui è necessaria una fuga. Si tratta di capire cosa sia funzionale alla sopravvivenza ed al benessere (fitness: capacità di superare le sfide che la storia evolutiva presenta), ed essere in grado di dosarsi di conseguenza, in un mondo ormai a misura d’uomo. In ogni caso è un bene che un cavallo esprima il suo stato, anche e soprattutto se è negativo: il fatto che si senta libero di potercelo comunicare è già un traguardo, dovrà poi imparare ad averci a che fare. Non è una cosa da reprimere o evitare a tutti i cosi, anzi.
A questo proposito entrano in gioco le emozioni, che sono la componente reattiva, ovvero la risposta del soggetto alle situazioni. Le emozioni determinano l’umore del cavallo in quel momento, segnano qualitativamente situazioni, contesti, relazioni: insomma tutta la sua realtà. Un cavallo sarà tanto più propositivo, aperto, coinvolto, quanto più proverà emozioni belle e stimolanti. Dovremo dunque preoccuparci in primo luogo che le nostre attività coi cavalli abbiano per lo più una marcatura emozionale positiva, così sarà più facile riproporle coinvolgendo in modo favorevole il nostro compagno. Insomma, che il cavallo provi emozioni positive è anche nell’interesse di quelle aspettative che abbiamo, che dobbiamo essere consapevoli di avere.
L’obiettivo nelle attività insieme, prendendo in considerazione l’ultima coordinata del profilo posizionale, ovvero l’arousal, è quello di lavorare sugli stati di calma del cavallo; l’approccio cognitivo è un approccio solutivo: se ho un soggetto competente negli autocontrolli, dunque in stato di calma, concentrato, sarà portato a cercare soluzioni (euristiche = soluzioni che sappiamo adottare quando ci troviamo davanti ad una situazione di scacco). Questo stato favorirà anche l’apprendimento.
Apprendere non significa creare un’associazione ad uno stimolo, bensì modificare il sistema di accesso a quel particolare stato funzionale della mente.
Da Zero a Cinque, A. Montagnani
Per approfondire consiglio in primo luogo la lettura del libro Da Zero a Cinque di Andrea Montagnani, una delle fonti primarie di quanto trovate scritto su questa pagina, ed in generale su questo sito. Rimando poi alla parte di Etologia Equina e La Mente del Cavallo e ai seguenti articoli: