Gestione Naturale

Mi sto formando come Consulente Equinofilo, che tra le altre cose prepara i professionisti anche come figure esperte nella Gestione Natualizzata degli Equidi. L’idea alla base è quella di creare un luogo sicuro, al cui interno si sia liberi di provare, scegliere, capire, condividere, rispettare, accogliere l’altro. Liberi di prendersi il proprio tempo e spazio nella condivisione di terreni comuni. Questo vale per noi, che viviamo il branco da animali umani, ma anche e soprattutto per i cavalli ed asini (così come cani, gatti, maiali, capre, galline…) che dovranno viverci. Da proprietari, educatori, veterinari, istruttori ecc., abbiamo la responsabilità di garantire una vita che sia degna d’esser vissuta ad individui che si trovano in svantaggio decisionale rispetto a noi, che dunque devono rimettersi alla nostra volontà e competenza.

I centri con cui collaboro e che aiuto a predisporre sono a misura di cavallo, di cane, d’uomo, di individui e relazioni. Sono queste le nostre vere aule didattiche, in cui osserviamo ed impariamo, ma sono anche la casa di tutti i giorni dei nostri compagni di vita. Per questo prediligo una visione di tipo olistico: ogni connessione tra essere umano, animale e natura circostante acquista rilevanza, interviene a modificare in modo unico l’esperienza di vita di quel luogo e di chi lo vive.

Le attività esperienziali proposte hanno lo scopo di permettere il pieno e attivo coinvolgimento degli individui che partecipano, e di garantir loro la libertà di potersi esprimere nella propria soggettività. Alla base restano le coordinate dell’approccio cognitivo-relazionale: avvicinarsi ad un animale significa in primo luogo entrare in contatto con una sfera emotiva, fisica e cognitiva ben distinta e soggettiva. Si parla di un approccio, mai di un metodo o un paradigma definitivo, che favorisca anzi la continua messa in discussione di ciò che si pensa di aver compreso ed esplorato fino in fondo.

Quanto tempo richiede un inserimento in branco?
Instaurare una convivenza significa dare vita ad una nuova contaminazione, a seguito della quale gli individui coinvolti cambiano. Tanto più il nuovo ambiente (posto, dinamiche, attività, soggetti coinvolti…) si discosterà da quello a cui il soggetto era abituato, quanto più sarà necessario un tempo di adattamento, che dipenderà anche dalle competenze e caratteristiche dell’individuo (imparare codici comunicativi, ad esempio, per un cavallo non abituato a stare in branco che inizia a vivere in un contesto di gestione naturale). D’altra parte siamo animali anche noi e possiamo ben capirlo; uscire dalla zona di comfort non è semplice, andare incontro ad un cambiamento così radicale come quello che coinvolge l’ambiente in cui si vive, la famiglia, i legami e le proprie abitudini richiede tempo e spesso risulta faticoso, difficile, stressante, doloroso, oppure ancora stimolante: dipende dalle caratteristiche e dal vissuto di ognuno, così come anche dall’aspetto filogenetico, cioè dalla capacità adattiva ma anche da come il cambiamento sia in linea con le necessità e le motivazioni di una data specie (così come dell’individuo). Nei centri in cui collaboro capita spesso di assistere all’inserimento di un nuovo soggetto in un branco più o meno consolidato. Il periodo di inserimento (caratterizzato da un momento iniziale che presenta dinamiche più intense e riconoscibili, che via via si dilatano in tempistiche più o meno lunghe) è a questo proposito molto interessante da osservare, poiché ogni soggetto che viene inserito comporta una storia a sé: spesso i cavalli che arrivano vengono da situazioni meno “felici”, dove ad esempio non conoscevano la vita in branco e la possibilità di movimento in spazi ampi e caratterizzati da un ambiente che offre possibilità di esperienze diversificate. In base al loro livello di competenza in diverse aree e alle loro caratteristiche e vissuti, si può assistere a processi molto differenti. Alcuni cavalli, pur andando incontro appunto ad una situazione migliore, risultano stressati ed incapaci di gestire una realtà a loro sconosciuta, come ad esempio gli eccessivi stimoli nuovi o le dinamiche relazionali nel branco, poiché non conoscono i codici comunicativi. Non sapendo come fare, la stessa comunicazione può apparire come un evento negativo, che spesso comporta una marcatura emozionale analoga. Per questo diventa fondamentare saper mediare e leggere i contesti, così da dare i giusti tempi per un inserimento, che spesso non sono tempi standard, ma richiedono anzi di valutare il contesto generale così come sempre le soggettività e il momento specifico, il qui ed ora.